
Il cantico di Miriam, Wilhelm Hensel (1836)
Royal collection Trust, Londra
Ritratto di suonatrice d'arpa, Joseph-Marie Bouton (ca. 1795)
Metropolitan Museum of Art, NY
Suonatrice di cornamusa, Petit Livre d'Amour (1550)
The British Library, Londra
Suonatore di triangolo, Heures de la Vierge (1450 - 1493)
Biblioteca nazionale di Francia, Parigi
Tamburelli dipinti (1907)
Museo Etnografico Siciliano Giuseppe Pitré, PalermoORGANOLOGIA
Differenti tipologie di strumenti musicali
L’organologia è il settore della musicologia che studia gli strumenti musicali, analizzandone morfologia, tecniche costruttive e prassi esecutive, insieme alla meccanica della produzione del suono e al timbro del suono prodotto; ma li analizza anche storicamente, etnograficamente, iconograficamente.
Gli strumenti musicali vengono oggi suddivisi in occidente secondo una classificazione in cinque classi organologiche (dal greco ὄργανον – órganon = utensile, strumento, strumento musicale), determinate sulla base del materiale che è responsabile della produzione del suono.
1) Cordofoni: il cui suono è prodotto dalla vibrazione di una o più corde tramite sfregamento, percussione, o pizzico;
2) Aerofoni: il cui suono è prodotto per mezzo di una colonna d’aria che vibra all’interno dello strumento;
3) Idiofoni: il cui suono è prodotto dalla vibrazione del corpo dello strumento stesso;
4) Membranofoni: il cui suono è prodotto dalle vibrazioni di membrane, percosse dalle mani o da appositi battenti.
A queste quattro categorie è stata aggiunta successivamente una quinta:
5) Elettrofoni: in cui il suono viene generato per mezzo di una circuitazione elettrica, o per induzione elettromagnetica.
A rielaborare nella forma odierna questa classificazione sono stati Eric Moritz von Hornbostel (1877-1935) e Curt Sachs (1881-1959), tuttora riconosciuti come i fondatori dell’organologia moderna, i quali definirono quella che ancor oggi rappresenta il principale sistema di riferimento per l’identificazione tipologica degli strumenti musicali, ovvero la “Classificazione Hornbostel-Sachs”, pubblicata per la prima volta nel 1914 con le prime quattro categorie: una classificazione più completa e meglio rispondente alle istanze degli etnografi, integrata con suddivisioni più particolareggiate che tenessero conto degli aspetti più specifici di tutti gli strumenti.
Le categorie di primo livello (ampliate successivamente a cinque con gli elettrofoni) si articolano in numerose sottocategorie, fino a raggiungere all’incirca trecento ramificazioni. Le quattro categorie principali di cui si occuperà l’Atlante sono:
Cordofoni
Strumenti a corde percosse con bacchette, pizzicate con le dita o con plettro, sfregate con l’arco oppure fatte risonare dal vento (come l’arpa eolia).
I cordofoni comprendono quattro tipi fondamentali:
1) Salteri o cetre;
2) Liuti;
3) Lire o cordofoni a giogo, pizzicati o sfregati con l’arco;
4) Arpe.
Aerofoni
Strumenti a fiato (strumenti ad ancia singola o doppia, flauti dritti o traversi, ottoni o labiofoni); aerofoni liberi in cui l’aria vibrante non è limitata dalle pareti dello strumento (harmonium, fisarmonica).
Idiofoni
Idiofoni a percussione reciproca o concussione; idiofoni percossi; id. a scuotimento; id. a raschiamento; id. a pizzico.
Membranofoni
ovvero gli strumenti di cui ci occupiamo specificatamente in questa sezione dell’Atlante.
MEMBRANOFONI
I MEMBRANOFONI sono una classe di strumenti musicali il cui suono è prodotto dalla vibrazione di una membrana tesa sopra un risuonatore.
Si suddividono in due categorie: i TAMBURI (strumenti in cui la membrana viene posta in vibrazione in vari modi) e i MIRLITONS (strumenti in cui la membrana è posta in vibrazione mediante la vibrazione delle corde vocali dell’esecutore in modo da modificarne il timbro).
I TAMBURI possono essere costruiti in vari materiali: legno, zucca, bamboo, terracotta, metallo.
A questa classe appartengono diversi tipi di strumenti: a percussione diretta (con le mani, bacchette o altro); a percussione indiretta; a pizzico; a frizione. Possono essere bipelle (una per ogni lato del ‘fusto’) o monopelle. I ‘fusti’ dei tamburi hanno differenti forme, da cui prendono il nome.

Tamburi a cornice
I TAMBURI A CORNICE sono così definiti dalla cornice o telaio (solitamente in legno) che costituisce il loro ‘corpo’.
Il legno viene piegato – tradizionalmente col calore o vapore, oggi anche con mezzi meccanici – nel caso in cui si debba creare una cornice circolare (la stessa struttura utilizzata per la costruzione dei setacci), oppure viene usato per costruire un telaio quadrangolare. La cornice può avere diverse dimensioni e profondità ma – ad eccezione del rullante – ha un’altezza inferiore al raggio del cerchio del tamburo stesso. Sulla struttura in legno viene poi tesa e fissata la membrana di pelle. Secondo Sachs, tagliare, piegare e incavare il legno è una tecnica acquisita precedentemente rispetto alla pratica di modellare l’argilla e cuocerla, per cui i tamburi in legno vengono considerati dallo studioso più antichi di quelli in terracotta.
‘Tamburo a cornice’ è dunque un termine generico con cui si identifica una prolifica ‘famiglia organologica’ in cui i vari esemplari differiscono per le loro caratteristiche strutturali:

- la CORNICE può essere di diametro e la profondità differenti, costruita in legno (più raramente in metallo); la sua struttura può essere sottile oppure spessa e pesante; in alcuni esemplari il cerchio può essere fissato ad un manico longitudinale o ad una CROCE interna in legno, che ne costituisce la struttura centrale;

- la presenza o meno di una IMPUGNATURA dipende sia dalla tecnica di costruzione che dalla tecnica di esecuzione: può essere segnalata lungo il bordo della cornice tramite una mezzaluna ritagliata nel legno dal lato in cui il tamburo viene tenuto; oppure viene ricavata una finestra nella quale inserire la mano, o un foro circolare che permette l’inserimento del solo pollice; in altri casi la cornice è dritta, senza nessuna impugnatura; oppure il tamburo viene tenuto tramite la croce in legno posteriore, o ancora una maniglia viene ricavata dall’intreccio dei legacci che tengono la pelle tirata dalla parte interna del tamburo; infine, in alcuni casi la cornice ha fissato un manico esterno;

- il tamburo può avere una singola PELLE o averne due (in questo caso viene detto ‘bipelle’): le pelli possono essere incollate, fissate con chiodi oppure con pioli o bottoni, con lacci o legacci; una controcornice interna in legno può essere montata per rinforzare sia la zona di fissaggio della pelle che la struttura della cornice, perché non si deformi; la scelta della pelle dipende sostanzialmente dal tipo di animali allevati o cacciati nella cultura di provenienza dello strumento: i tamburi utilizzati per scopi rituali provengono da animali con caratteristiche scelte anche in base alla simbologia cultuale; a volte il pelo non viene completamente rasato ma rimane sulla pelle con lo scopo di diminuire le vibrazioni e attutire il suono;

- in alcune tipologie di tamburo, delle corde tese diametralmente alla pelle nella parte interna della cornice costituiscono la CORDIERA o bordoniera del tamburo (come nel rullante della batteria), e provocano, vibrando contro la pelle ad ogni colpo, uno specifico suono ‘ronzante’;

- lungo la cornice possono essere aperte delle finestrelle in cui vengono inserite coppie di SONAGLI o PIATTINI metallici fissati con fil di ferro; questi possono essere talvolta accompagnati o sostituiti da ANELLI, CAMPANELLINI o ‘bubbole’ fissati all’interno della stessa cornice; i tamburi privi di risuonatori metallici vengono definiti, in alcuni contesti, ‘tamburi muti’;

- il tamburo può essere suonato con le nude mani, oppure con battenti, mazzuoli o bacchette, oppure con una mano e un mazzuolo.
Ognuna di queste differenze organologiche è legata alla tecnica specifica di esecuzione del ritmo con cui ogni tipo di tamburo viene suonato nella particolare area geografica di provenienza.
A queste diversità corrispondono – nel tempo e nello spazio – anche variazioni di terminologia ma, dato che radici comuni hanno dato origine talvolta a denominazioni simili per strumenti differenti tra loro (oppure il contrario), proviamo qui a fornire un elenco – assolutamente non esaustivo – dei principali modi con cui i tamburi a cornice vengono chiamati in area euromediterranea.